Risposte

  • ITALIA CONFUSA IN EUROPA

    Continua a  chiedere gli eurobond, ignorando che esistono altre strade. E alza la voce invece di fare alleanze.

    di FABIO COLASANTI | 13/04/2020

    Cosa chiediamo ? 

    Le richieste da parte del nostro governo di una "risposta europea adeguata" attraverso l'emissione di eurobond vengono ripetute con una enfasi sempre più forte.   Domenica mattina, il giornale radio di Rai 3 ha aperto il servizio sui negoziati europei con l'espressione "Il gioco si fa duro".   L'emissione di eurobond viene presentata quasi come la soluzione di tutti i problemi italiani.   Ho il sospetto che questa maniera di parlare sia dovuta alla volontà di far credere che questo punto sia l'elemento che deciderebbe il futuro economico del nostro paese e per poter attribuire gli inevitabili tempi duri futuri al rifiuto degli altri paesi di accettare questa proposta.   Non sarebbe la prima volta nel corso degli ultimi decenni che un governo fa ricorso a questa tattica. 

    Quello che mi porta a sospetti di questo tipo è il fatto che nonostante si discuta di questo tema da un certo tempo, il nostro governo non ha ancora mai detto nulla di concreto sul tipo di soluzione che vorrebbe vedere adottata.   Questa assenza di proposte non aiuta nei negoziati e fa nascere il sospetto che il nostro governo voglia raggiungere chissà quale altro obiettivo, perfino la condivisione del debito pubblico esistente; cosa impossibile e che certamente il nostro governo non persegue. 

    Una prima grossa difficoltà è legata al fatto che il nostro governo chiede l'emissione di eurobond.   Ma gli eurobond esistono già e ce ne sono sul mercato per centinaia di miliardi.  I titoli emessi dal MES, quelli emessi dalla BEI, quelli emessi dalla Commissione europea per lo strumento di aiuto alla bilancia dei pagamenti e quelli che emetterà con il nuovo programma SURE (finanziamento dei sussidi di disoccupazione) sono tutti degli eurobond.   Tutti questi titoli sono garantiti, in maniere diverse, da tutti gli stati membri dell'Unione europea o dell'eurozona. 

    Si capisce però che quello che intende il nostro governo è una nuova e ulteriore emissione di eurobond per far fronte alle necessità finanziarie di tutti i paesi nella lotta contro la recessione dovuta al Covid-19. 

    Di quanto si può aver bisogno ?  Non è facile rispondere a questa domanda ed è logico che sia prudente prevedere dei meccanismi finanziari che possano far fronte anche al caso peggiore.   Non mi azzardo a formulare vere previsioni, ma vorrei dare un'idea degli ordini di grandezza dei quali si parla. 

    Oggi gli stati membri dell'Unione europea affermano – Rapporto dell'eurogruppo del 9 aprile – di aver deciso delle spese discrezionali aggiuntive pari, in media, al tre per cento del PIL dell'Unione europea.   Bisogna però tener conto, aggiungo io, che l'indebitamento aggiuntivo sarà superiore a questa cifra a causa dell'inevitabile riduzione del gettito fiscale e dell'aumento automatico delle spese sociali (per esempio, sussidi di disoccupazione).   Penso si possa parlare di un aumento di 6/7 punti di PIL, sulla base delle misure prese finora.   Ma è probabile che molti stati membri prendano ancora nuove misure nel corso dell'anno.  Questo potrebbe portare ad aumento del ricorso al mercato dei capitali nel 2020 di 9 o 10 punti percentuali.   Si tratta di percentuali molto alte, ma la crisi attuale sembra molto grave.   Nel 2009 l'aumento del debito pubblico fu di 10 punti e mezzo di PIL per l'eurozona e di poco più di 12 punti per l'insieme dell'Unione europea.   Ma in quell'anno il ricorso al mercato dei capitali fu gonfiato dagli enormi interventi per ricapitalizzare le banche.   La crisi attuale potrebbe essere più grave di quella del 2009 in termini di riduzione del PIL e disoccupazione, ma non dovrebbe richiedere interventi sul sistema finanziario come quelli del 2008/2009. 

    Un aumento del ricorso al mercato dei capitali per dieci punti di PIL significherebbe maggiori emissioni di titoli di stato per circa 1 200 miliardi per l'eurozona e circa 1 600 per l'insieme dell'unione europea. 

    Finora le risposte annunciate in questo campo consistono nei 100 miliardi del programma SURE (per l'insieme dell'Unione europea), nei 240 miliardi della nuova linea Covid del MES (per l'eurozona) e nel programma di acquisto di titoli di stato per 1 100 miliardi da parte della BCE (sempre per l'eurozona).   

    Limitandoci all'eurozona (penso che sviluppi importanti siano possibili sono per questo cerchio concentrico) e immaginando un uso completo delle disponibilità di indebitamento ufficiale a bassi tassi di interesse offerte – non vedo perché i paesi membri, soprattutto quelli che pagano tassi di interessi più alti, non dovrebbero utilizzarle – si avrebbe un maggior ricorso al mercato per circa 900 miliardi a fronte di interventi della BCE già annunciati per 1 100 miliardi. 

    La BCE farebbe sicuramente di più se necessario, ma sarebbe comunque opportuno prevedere delle forme supplementari di messa a disposizione di capitali a tasso di interesse più bassi.   

    Ma i nuovi strumenti ai quali si dovrebbe pensare non servirebbero ad accrescere il volume delle risorse disponibili per lottare contro la recessione, servirebbero a diminuire il peso degli interessi da pagare e a ridurre il rischio di instabilità sui mercati.   

    È anche deludente che le decisioni a livello europeo incontrino tante difficoltà e prendano tanto tempo.   Ma tutti gli stati membri possono rivolgersi al mercato senza difficoltà e hanno grosse riserve liquide.   La lunghezza delle discussioni non ritarda minimamente gli aiuti a tante categorie; solo suggerirlo è profondamente scorretto.   

    È importante tenere presente queste considerazioni per rendersi conto di quanto la retorica di questi giorni abbia falsato la percezione dell'importanza dei problemi dei quali si discute.   

    La riduzione del costo dell'indebitamento aggiuntivo ha un elemento di solidarietà automatica perché questa sarebbe più sensibile per i paesi che pagano tassi di interesse alti, mentre i paesi che sono più solidi dal punto delle finanze pubbliche non ne trarrebbero quasi nessun beneficio.  I vantaggi per questi paesi deriverebbero dalla miglior salute economica degli altri paesi membri.   

    Se l'Italia potesse ottenere prestiti per 100 miliardi da un organismo comunitario a condizioni del tipo di quelle del MES, questo significherebbe un risparmio di interessi di circa un miliardo e mezzo all'anno.   Si tratta di una cifra considerevole, ma non di una cifra dalla quale dipenda il futuro del nostro paese. 

    Ci si dovrebbe preoccupare anche di quello che potrebbe succedere nel 2021 e negli anni seguenti.   Difficile fare previsioni sull'andamento futuro del ricorso al mercato.   Le previsioni che circolano parlano di una ripresa rapida dopo la fine delle misure di blocco, ma, dall'altro lato, ci potrebbero essere sui bilanci dei prossimi anni le conseguenze delle garanzie pubbliche accordate su molti prestiti concessi dalle banche.   Probabilmente eventuali bisogni supplementari potrebbero essere ancora coperti dalla BCE.   

    Un'altra preoccupazione potrebbe essere dovuta all'eventuale perdita di accesso al mercato da parte di uno o più paesi dell'eurozona.   Questo creerebbe problemi gravi da affrontare con il MES (forse con una capacità di prestito aumentata) e le operazioni OMT della BCE. 

    Accertato che sarebbe opportuno disporre di uno strumento supplementare come misura di sicurezza, c'è da scegliere quale.   E la scelta è abbastanza ampia.   Ci potrebbe essere il finanziamento di alcun spese a livello comunitario o ci potrebbe essere una raccolta di fondi fatta da un ente centrale che li ripresterebbe agli stati membri.   Quest'ultima possibilità potrebbe poi consistere in un'emissione classica di eurobond o nell'emissione degli E-bonds dei quali si parla da anni (e che spiegherò nei prossimi paragrafi). 

    Il finanziamento a livello comunitario di alcune spese è quanto previsto nella proposta francese di "Fonds de solidarité", ripresa in termini molto generali dall'eurogruppo come "Recovery Fund".   Questo si scontra con l'opposizione di alcuni paesi ad avere un qualsiasi finanziamento in disavanzo di spese comuni.   Temono che apra la porta ad un finanziamento in disavanzo del bilancio dell'Unione europea e che costituisca una violazione dello spirito, se non della lettera, dell'articolo 310 del TFUE che stabilisce che il bilancio dell'UE deve essere in equilibrio (la proposta francese prevedeva un Fondo separato dal bilancio comunitario e temporaneo, ma questo non è bastato a convincere i racalcitranti). 

    Una difficoltà supplementare è che tutte le spese per lottare contro la recessione devono essere fatte nelle economie dei paesi membri, non esiste un'economia dell'UE separata dalle economie nazionali.   Spendere soldi a livello comunitario è complicato perché le spese fatte dall'UE sono inevitabilmente sottoposte ad un controllo e ad una trasparenza superiori alle spese nazionali.   Definire dei programmi di spesa a livello europeo e stabilire le loro modalità pratiche è una cosa complicata che di solito prende anni.  

    Al di là delle complessità amministrative, non è comunque possibile spendere cifre molto alte con programmi comunitari a meno che questo non significhi semplicemente mettere a disposizione dei paesi delle grosse cifre da spendere secondo dei principi decisi in comune. 

    È difficile immaginare che dei programmi si spesa comuni possano superare i duecento o i trecento miliardi, ripartiti su qualche anno.   Il riferimento nel comunicato dell'eurogruppo ad un finanziamento a partire dal bilancio comunitario fa pensare ad un fondo piuttosto piccolo, ben inferiore ai due-trecento miliardi. 

    Se si volessero assicurare dei finanziamenti da girare agli stati membri bisognerebbe fare ricorso agli eurobond o agli E-bonds.   Per emettere degli eurobond sarebbe necessario creare un ente che li emettesse, di fatto un doppione del MES.   La maniera più semplice sarebbe di creare un organismo con un nome diverso, ma che funzionerebbe esattamente come il MES e che utilizzerebbe il personale e le strutture del MES (un grosso prezzo da pagare all'impuntatura incomprensibile di alcune forze politiche italiane contro il MES).   La cosa prenderebbe vari mesi perché il nuovo organismo dovrebbe farsi conoscere sui mercati e ricevere un rating dalle agenzie, tutte cose che prendono tempo.   Per di più ci sarebbe probabilmente la necessità di versare una parte del capitale per costituire una riserva liquida e per raccogliere, mettiamo, 1 000 miliardi si dovrebbe fissare il capitale garantito dagli stati membri a 1 300/1 400 miliardi. 

    Rimarrebbe poi il problema sul quale i negoziati si sono bloccati nei giorni scorsi.   È concepibile che prestiti di questo ordine di grandezza siano concessi senza nessuna condizionalità ?   La cosa di cui l'Unione europea ha più bisogno per reagire alla recessione è di un coordinamento efficace delle politiche economiche.   C'è un interesse comune a che ogni paese faccia il necessario per reagire alla recessione.   Saremmo disposti ad accettare le conseguenze di questo coordinamento più efficace ?   E poi, per mettere a disposizione, mettiamo, 250 miliardi di paesi che sarebbero ben lieti di avere questa possibilità, bisognerebbe raccogliere anche 750 miliardi da mettere a disposizione di paesi che non li richiedono. 

    Una possibilità alternativa potrebbe essere quella di emettere degli E-bond, ossia dei titoli emessi dall'Unione europea o da un suo veicolo che siano "privilegiati" rispetto ai titoli degli stati membri emessi dopo la data di introduzione degli E-bond.   Il ricavato di queste emissioni sarebbe ridistribuito agli stati membri.   In questa maniera si potrebbe raggiungere la "tripla A" anche con garanzie degli stati membri più ridotte di quelle accordate agli eurobond.   Ci sarebbe un effetto negativo sui tassi di interesse dei titoli degli stati membri in futuro che avrebbero uno status inferiore rispetto agli e-bond, ma questo sarebbe molto limitato anche con emissioni di E-bonds per 2 000/2 500 miliardi.   Una descrizione di questa proposta si può leggere in questo articolo di Gabriele Giudice (citato anche nel Sole 24Ore del 12 aprile).   La proposta di E-bond è molto interessante, ma ha il difetto di non essere ancora molto conosciuta a livello politico. 

    Quello che è certo è che se si combinano i tanti elementi che ho citato si è di fronte a tantissime soluzioni diverse dal punto di vista dell'efficacia economica e dell'accettabilità politica.   Quale è la proposta del nostro governo ?  

    Non dire cosa si vuole non aiuta.  Chiedere semplicemente "l'emissione di eurobond", "una risposta europea adeguata", "una prova di solidarietà", "il superamento degli egoismi" non lascia il tempo che trova.   Irrita e fa nascere sospetti sulle vere intenzioni di chi avanza la proposta. 

    Oggi il Frankfurter Allgemeine Zeitung pubblica un articolo del suo corrispondente in Italia che descrive le posizioni del governo e dei vari partiti e arriva alla conclusione che "L'impressione che si ricava da quello che dichiarano la Lega e il M5S è che gli eurobond siano per l'Italia la maniera ideale per ottenere grossi finanziamenti senza che poi ci sia qualcosa da ripagare". 

    Dire cosa si vuole effettivamente obbliga a passare dai massimi sistemi (e dalle false impressioni e attese che queste creano) a cose più realistiche.   Obbliga a confrontarsi con la realtà.   Proposte più ragionevoli e realistiche hanno una migliore possibilità di essere analizzate e discusse.   Soprattutto non creano le tensioni che sta creando l'atteggiamento attuale del nostro governo.   La frustrazione dell'opinione pubblica che vediamo è dovuta tanto alla chiusura di alcuni nostri partner quanto alla mancanza di realismo e di logica delle posizioni prese dal nostro governo.   La caduta della fiducia nell'Unione europea messa in evidenza dai sondaggi dovrebbe far riflettere. 

    In più, in Europa negoziare attraverso il megafono dei media è assolutamente controproducente (Mario Monti l'ha ricordato qualche giorno fa sul corriere della Sera).   Per ottenere qualcosa in Europa bisogna costruire alleanze.   Quello che sicuramente danneggia tutti è "Battere i pugni sul tavolo", ricorda le scarpe di Nikita Krusciov.

    Report on the comprehensive economic policy response to the COVID-19 pandemic
    On 9 April 2020, the Eurogroup in inclusive format endorsed a report on the comprehensive economic policy response to the COVID-19 pandemic.
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