Risposte

  • NEXT GENERATION EU

    Bene gli interventi europei.

    di FABIO COLASANTI | 28/05/2020

    Oggi la Commissione europea ha reso pubblica la sua proposta per l'ultimo elemento della risposta dell'UE alla crisi attuale (dopo i 540 miliardi già decisi dal Consiglio europeo e gli interventi annunciati dalla BCE e già in corso).   All'iniziativa è stato dato il nome "Next generation EU". 

    La Commissione propone una modifica del quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (il bilancio UE dei prossimi sette anni) ed un'iniziativa supplementare e temporanea per 750 miliardi di euro finanziata attraverso il ricorso al mercato.   La proposta della Commissione è molto complessa e bisognerà attendere altri documenti e altre decisioni per darne una valutazione più accurata.   Ma il giudizio che mi sento di darne già a questo stadio è positivo.   La Commissione ha "rilanciato" rispetto alla proposta franco-tedesca (non mi aspettavo che lo facesse) ed ha aggiunto l'elemento, importante e intelligente, dei 250 miliardi di prestiti. 

    Nell'insieme, la proposta della Commissione dovrebbe valere per l'Italia più o meno quanto quella franco-tedesca, ma in più c'è l'elemento di un ulteriore grosso prestito che potrebbe essere molto utile. 

    In altra sede avevo provato ad immaginare quanto la proposta franco-tedesca potesse valere per l'Italia.   Partendo dall'ipotesi che il Fondo della proposta franco-tedesca potesse permettere di spendere in Italia circa 100 miliardi di euro, avevo dedotto che questo potesse significare un trasferimento "netto" all'Italia di circa 35/37 miliardi visto che la quota italiana nel rimborso dei 500 miliardi di eurobond dovrebbe essere di 63/65 miliardi di euro.   Ma l'Italia, come gli altri paesi, rimborserà questi titoli tra vari anni e pagherà nel frattempo un tasso di interesse basso.   Immaginando un rimborso a dieci anni, il risparmio di interessi su questo prestito implicito può essere stimato in circa altri 10 miliardi di euro.   La proposta franco-tedesca significherebbe un vantaggio finanziario per l'Italia di 45/47 miliardi di euro. 

    Quando si guarda alle dimensioni dei trasferimenti tra stati membri realizzati dall'Unione europea negli ultimi decenni, ci si rende conto che trasferimenti di questo ordine di grandezza rappresentano un significativo salto di qualità. 

    Secondo alcune indicazioni fornite dalla Commissione europea e riportate oggi da molti media, dei 500 miliardi di spese comuni o trasferimenti previsti nella proposta "Next Generation EU", l'Italia dovrebbe riceverne 82 (mi stupisce la precisione di questa cifra per qualcosa di oggettivamente molto difficile da stimare).   In più, l'Italia potrebbe ricevere un prestito di 91 miliardi dei 250 previsti.   In questo caso il valore del trasferimento "netto" insito nelle spese comuni scenderebbe a 17/19 miliardi, il risparmio di interessi del prestito "implicito" rimarrebbe a 10 miliardi, ma ci si aggiungerebbero circa 13/14 miliardi di risparmi di interessi su questo prestito.   La proposta della Commissione "varrebbe" quindi per l'Italia 40/43 miliardi; più o meno il valore della proposta franco tedesca.   

    Ma la proposta della Commissione europea contiene anche un elemento importante sul piano finanziario: il prestito di 90 miliardi per l'Italia; il novanta per cento del previsto ricorso netto al mercato del nostro paese nel 2021.   Questo elemento potrebbe non essere avversato quanto il resto della proposta dai paesi "frugali".   Ma in più risponde ad un bisogno vero: aiutare esplicitamente i cinque/sette paesi europei che hanno bisogno di un aiuto.   Per di più, la proposta della Commissione europea indica un orizzonte temporale per il rimborso degli eurobond (e quindi dei prestiti ai paesi) sensibilmente più lungo di quello della proposta franco-tedesca. 

    La crisi del Covid-19 richiederà un forte intervento dell'Unione europea per aiutare l'economia europea ad effettuare la necessaria riconversione e richiederà la ridefinizione di tante politiche comuni.   Questo costerà soldi che devono essere spesi a livello europeo attraverso politiche comunitarie.   

    Ma il grosso dell'intervento economico che si sta facendo e che si dovrà ancora fare è a livello nazionale.   Gli aiuti alle persone, ai lavoratori, alle imprese non è solo una competenza nazionale, è qualcosa che può solo essere fatto a livello nazionale.   Il grosso della risposta alla crisi del Covid-19 deve venire dagli stati membri.   

    L'Unione europea deve coordinare gli sforzi degli stati membri per ottenere un risultato d'insieme ottimale – in una situazione come quella attuale il coordinamento delle politiche economiche diventa molto più importante – e deve aiutare finanziariamente i cinque/sette paesi che potrebbero avere difficoltà a reperire sul mercato le necessarie risorse finanziarie.   I 250 miliardi di prestiti proposti dalla Commissione europea costituiscono un ulteriore riconoscimento di questa situazione. 

    Del resto, il meccanismo SURE– ottimo strumento – andava già in questa direzione.   Il cosiddetto meccanismo di finanziamento dei sussidi di disoccupazione (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency) non è qualcosa da cui dipenda il pagamento effettivo dei sussidi di disoccupazione.   E non ha nulla a che vedere con la proposta di cui si discute da molti anni di creare un meccanismo europeo di indennizzo (anche parziale) della disoccupazione che possa avere una funzione anticiclica.   Tutti i paesi che usufruiranno dei prestiti SURE avrebbero comunque pagato i loro sussidi di disoccupazione.   Ma questi paesi saranno ben contenti di avere un prestito – comunque motivato – che permetta loro di avere accesso a dei fondi a condizioni migliori di quelle che otterrebbero sul mercato.   

    E la stessa cosa è vera per i prestiti della nuova linea di credito del  MES per le spese sanitarie (Pandemic Crisis Support, PCS).   I soldi sono fungibili.   Dei prestiti determinano certe spese solo quando in loro assenza queste non avrebbero potuto essere fatte.   Ma è presumibile che anche in assenza di SURE e PCS i paesi membri avrebbero comunque aumentato le loro spese per i sussidi di disoccupazione e per la sanità.   Queste due linee di credito mettono a disposizione dei paesi in difficoltà 340 miliardi di euro ai quali si potrebbero aggiungere i 250 supplementari proposti dalla Commissione europea. 

    Bisognerà vedere quali saranno le reazioni degli stati membri.    Se la Commissione è stata "coraggiosa" nella proposta per i 750 miliardi, è stata invece molto prudente in quella per il bilancio UE 2021-2027.   Globalmente ha accettato la proposta un po' più bassa formulata dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel; e comunque non accolta dagli stati membri. 

    Qualunque cosa sarà deciso, è più o meno acquisito che l'Unione europea metterà a disposizione degli stati membri che più ne hanno bisogno delle risorse finanziarie considerevoli.  La palla ritorna quindi al nostro governo. 

    L'Italia è da trenta anni il paese europeo con il più basso tasso di crescita (dal 1991 ad oggi siamo cresciuti anche meno della Grecia che ha avuto otto anni di recessione tra il 2008 ed il 2016).   Abbiamo tonnellate di studi, analisi e libri che spiegano che la bassa crescita italiana è dovuta soprattutto ad un accumulo nel tempo di problemi strutturali che frenano lo sviluppo della nostra società e della nostra economia.   Alcuni dei loro effetti sono sotto i nostri occhi in questi giorni nella lentezza degli esborsi dei tanti aiuti.   

    Collettivamente abbiamo però rimosso il problema cercando capri espiatori esterni.   Ma la crisi in corso richiede un vero intervento forte in questo campo.   Bisogna sviluppare un'analisi condivisa dei problemi del nostro paese e promuovere un'azione decisa.   Ci saranno sicuramente resistenze, ma se non si interverrà adesso, sotto la spinta della crisi, si sarà persa un'occasione unica. 

    Al momento l'Italia è uno dei paesi che sta spendendo di più per lottare contro la crisi.   Questo è assolutamente giustificato.   Ma le finanze pubbliche italiane sono quello che sono.   Bisognerà cominciare a pensare a come e quando ritornare al "sentiero stretto" definito da Pier Carlo Padoan.   E i problemi del nostro debito pubblico non sono risolvibili senza crescita economica. 

    Per nostra fortuna, le spese previste nell'iniziativa "Next Generation EU" vanno tutte nella direzione giusta.   Dovremo accettare di buon grado i vincoli che saranno posti alle modalità di queste spese.   E rimane aperto il problema della "condizionalità" del grosso prestito all'Italia previsto dalla Commissione nel 2021.   Una totale assenza di condizioni macroeconomiche è difficile da immaginare.   Non credo che ci sia qualcuno che pensi a condizioni come quelle imposte a suo tempo a Grecia, Irlanda e Portogallo.   Ma mi sembrerebbe del tutto ragionevole la richiesta di seguire le raccomandazioni fatte ai vari paesi nel quadro del cosiddetto "semestre europeo".

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