Risposte

  • EUROBOND, DI COSA SI STA DISCUTENDO
    La partita è oggettivamente complicata. All'Italia servono anche riforme ben fatte.

    di FABIO COLASANTI | 07/04/2020

    Sono giorni che si sta discutendo di una "risposta europea" alla recessione causata dalla crisi del Covis-19.   Ho ascoltato molti politici italiani esprimersi su questo tema, da Giuseppe Conte a Paolo Gentiloni, e rifiutarsi di dare risposte precise alle domande dei giornalisti.   Ho l'impressione che il dialogo sia difficile perché nessuno vuole esporre francamente le proprie ragioni e l'opinione pubblica – italiana, ma anche di altri paesi -  non ha capito di cosa si stia veramente discutendo.   Questo ha portato alla caduta della fiducia nei confronti dell'Unione europea che i sondaggi ci mostrano.   Scrivo prima della conclusione della riunione dell'Eurogruppo di oggi 7 aprile, dalla quale però non mi aspetto una soluzione di compromesso condivisa. 

    Il dialogo è complicato dal fatto che nessuno vuole chiamare le cose con il loro nome.   Le richieste di alcuni, legittime e comprensibili, sono nascoste da molta retorica e da considerazioni non strettamente rilevanti.   Chi insiste sulla necessità di questa cosiddetta "risposta europea" tende a sottolineare le dimensioni del problema economico che è di fronte a noi.   Ma, nell'incertezza che c'è logicamente di fronte ad una crisi di natura molto diversa da quelle del passato, non c'è nessuno che minimizzi le dimensioni della catastrofe sociale ed economica che rischiamo.  La gravità della recessione in corso non ha molta rilevanza per il fondo del problema di cui si sta discutendo. 

    Nessuno dice qualcosa di specifico sulle spese che dovrebbero essere finanziate con una eventuale raccolta di fondi attraverso un'emissione di titoli garantiti da tutti i paesi (dell'eurozona; non credo che ci sia ancora qualcuno che pensi ad una risposta a livello dell'intera Unione europea).   Si sentono solo affermazioni generiche sulla necessità di una risposta coordinata o di un finanziamento comune di "programmi strategici" (senza mai indicare esempi concreti).   

    La realtà è che le spese che bisogna fare oggi per lottare contro la recessione sono quanto di più nazionale si possa immaginare.   Molte di queste spese sono perfino da fare a livello regionale o locale.   Non è immaginabile che si possa decidere a livello europeo la migliore maniera di fare arrivare soldi alle piccole e piccolissime imprese, ai lavoratori autonomi e alle famiglie.   Per le grandi imprese le cose sono tecnicamente più facili : le banche concederanno dei prestiti con garanzie pubbliche e l'Unione europea ha allentato le regole sugli aiuti di stato.   Ma è immaginabile che si possa decidere a livello europeo dei "voucher", del "reddito di emergenza" o del funzionamento della Cassa integrazione ?   Verso la fine dell'anno o nel 2021 si dovrà discutere a livello europeo di un programma di investimenti per sostenere la congiuntura nei prossimi 5/7 anni.   Ma oggi non stiamo discutendo di questo. 

    Molti vorrebbero sfruttare questa crisi per far fare un salto di qualità all'organizzazione istituzionale dell'eurozona.   Vogliono gli eurobond come uno strumento permanente che permetta un uso anticiclico di una politica di bilancio europea.   Ma questo richiederebbe anche che si cominci a prendere sul serio il coordinamento delle politiche di bilancio.   

    La richiesta è giustissima.   Ma quale parlamento accetterà mai di essere limitato nelle sue scelte da eventuali decisioni prese a livello dell'eurozona ?   Il coordinamento delle politiche economiche è previsto dai Trattati e da una quantità considerevole di legislazione secondaria.   Ha sempre funzionato molto poco.   Cosa fa pensare che ora qualcosa potrebbe cambiare ? 

    Rimane che l'argomento più forte per un'emissione di titoli garantiti dall'insieme dei paesi dell'eurozona è il far sì che ogni paese abbia accesso ad una sufficiente quantità di fondi a tassi di interesse bassi da permettergli di prendere tutte le misure necessarie senza doversi preoccupare troppo delle reazioni del mercato (anche se qui possiamo contare sugli interventi della BCE che garantiranno la tranquillità dei mercati e che gli spread non aumentino). 

    I paesi rigoristi hanno sempre accettato l'idea di concedere finanziamenti ai paesi che ne abbiano bisogno grazie a delle garanzie comuni.   La discussione verte sulle modalità tecniche di questo aiuto.   Gli eurobond non sono facili da creare e per fare avere, mettiamo, 100 miliardi all'Italia e 70 alla Spagna e una cinquantina di miliardi ad uno o due paesi più piccoli, dovrebbero essere lanciati in quantità molto alte (800/1000 miliardi di euro o giù di lì). 

    La Commissione europea ha proposto il programma SURE che altro non è che degli eurobond in quantità limitata (fino a 100 miliardi).   È molto probabile che i ministri approvino la proposta. 

    La discussione è complicata anche da questioni di orgoglio nazionale.    Chi avrebbe oggi bisogno di fondi raccolti grazie alla garanzia degli altri paesi non vuole essere visto come un paese che debba chiedere un aiuto come l'hanno chiesto nel passato la Grecia, l'Irlanda e il Portogallo.  L'eurogruppo ha già indicato la sua disponibilità ad avere una "condizionalità alleggerita" e girano molte proposte per la creazione di una linea di credito "Covid" del MES per sottolineare che oggi parliamo di interventi di natura diversa da quelli del 2010/2011.   I ministri SPD nel governo tedesco, Olaf Scholz e Heiko Maas, hanno indicato di poter accettare aiuti del MES senza condizionalità. 

    Sarebbe molto probabilmente possibile avere una condizionalità legata solo ad un buon uso dei fondi o anche meno.   Un intervento del MES aprirebbe anche la possibilità che la BCE attivi uno strumento creato nel 2012 e che non è stato ancora mai utilizzato: le OMT, che permetterebbero interventi mirati per evitare un aumento degli spread.  Ma questo non sembra poter soddisfare il governo italiano che, tra l'altro, ha le spalle al muro per la posizione del M5S che, quando era alleato della Lega, ha preso una posizione incomprensibilmente negativa nei confronti del MES. 

    Anche quando si parla esplicitamente di aiuti nessuno chiama le cose con il loro nome, nessuno avanza argomenti concreti contro questa o quella modalità.   Per esempio si sentono affermazioni del tipo : "Il MES è stato creato per altre circostanze".   E allora ?   Per quale motivo oggi non servirebbe più ?   "Tutti hanno bisogno di aiuto perché siamo di fronte ad un problema comune".    È vero che il problema è comune, ma alcuni sono in grado di farvi fronte con le proprie forze e altri molto meno.   Noi siamo in questo secondo gruppo a causa del fatto che da trenta anni siamo il paese europeo con il più basso tasso di crescita e non abbiamo fatto quasi nulla per correggere questo problema. 

    Dall'altro lato ci sono tutta una serie di reazioni negative, a volte senza fondamento.   La paura dell'opinione pubblica di alcuni paesi che il lancio ufficiale di eurobond (i titoli emessi dal MES per raccogliere fondi sono già degli eurobond) preluda prima o poi alla condivisione del debito pubblico esistente dei vari paesi ha una base razionale equivalente a quella della chiusura del M5S nei confronti del MES. 

    In questa situazione bisogna ricorrere a delle formule diplomatiche e a termini che nascondano la realtà dei fatti.   I commissari europei Thierry Breton e Paolo Gentiloni hanno proposto la creazione di un fondo per finanziare degli investimenti industriali.   Si tratta di emissioni di eurobond con un altro nome (come il SURE).   Ma non hanno indicato concretamente come questo fondo potrebbe funzionare. 

    Il problema è oggi trovare una costruzione diplomatica che concili l'orgoglio di alcuni paesi che non vogliono essere visti ufficialmente per quello che sono, dei paesi in difficoltà economiche, con l'opposizione di principio di altri paesi ad un finanziamento in disavanzo di spese a livello europeo.   

    Bisogna cercare una soluzione che permetta agli uni di dire ai loro elettori che non sono andati a chiedere un aiuto e agli altri che non si è aperta una falla nell'architettura istituzionale dell'Unione europea.   Chi sarà probabilmente molto deluso saranno gli europeisti convinti che speravano di far fare un salto di qualità all'assetto istituzionale dell'eurozona dandole degli strumenti di reazione non solo a questa crisi, ma a anche ad altre possibili crisi future che sicuramente ci saranno.   

    Le divergenze di opinione tra i paesi europei che vediamo oggi sono sullo sviluppo futuro dell'Unione europea, non sono sugli aiuti alla Spagna, Italia e qualche altro piccolo paese.   I paesi rigoristi non vogliono una grossa espansione del bilancio dell'Unione europea (sono soprattutto contro la grossa parte di questo bilancio che va all'agricoltura; intoccabile per le resistenze francesi) e non vogliono creare un precedente sul finanziamento con debito di spese a livello europeo. 

    È legittimo che molti europeisti si siano detti che questa crisi era un'occasione unica per riuscire ad introdurre nell'ordinamento europeo la possibilità di far debiti per finanziare interventi comuni.   Ma la maniera come questa rivendicazione è stata portata avanti dal governo italiano ha dato l'impressione alla nostra opinione pubblica che molti paesi fossero contro degli aiuti a Spagna, Italia e qualche altro paese.   Questo ha provocato una animosità contro i nostri partner europei ed ha provocato la caduta drammatica della fiducia nell'Unione europea che vediamo nei sondaggi. 

    Per di più si è creata l'impressione che gli eurobond siano decisivi per il futuro economico dell'Italia.   Ma la sola cosa che può veramente migliorare il futuro economico del nostro paese è correggere i tantissimi problemi strutturali che bloccano da decenni la nostra crescita.   Senza una crescita economica più forte nei prossimi anni non risolveremo nessuno dei nostri problemi, e meno che mai quello del debito pubblico. 

    Nel nostro paese c'è una forma di rimozione di questi problemi: non può essere che la nostra drammatica situazione economica dipenda da noi: sono le regole del gioco che sono fatte male, è l'arbitro che è venduto, sono gli altri che giocano sporco.   Si cercano capri espiatori esteri per problemi di origine interna e che solo noi possiamo correggere.   

    Far credere che il nostro futuro economico dipenda dagli eurobond rafforza questo processo di rimozione: non possiamo crescere di più perché gli altri paesi europei non vogliono aiutarci, sono egoisti.    Il vantaggio degli eurobond è soprattutto che ci farebbero risparmiare circa un miliardo e mezzo di euro all'anno se l'Italia ricevesse in questa maniera fondi per 100 miliardi; con il MES si risparmierebbe la stessa cifra, forse un qualcosina in più.   Un risparmio di un miliardo e mezzo all'anno non è poco.   È un bell'aiuto, è sicuramente una bella espressione concreta di solidarietà.   Ma non è certo una cifra decisiva per lo sviluppo economico del nostro paese. 

    Il cocktail velenoso creato da una chiusura quasi ideologica al finanziamento in disavanzo di spese fatte a livello europeo, dalla chiusura incomprensibile del M5S nei confronti del MES, dall'orgoglio di alcuni politici e diplomatici e dalle posizioni prese in buona fede da tanti europeisti convinti ci hanno portato ad una situazione di tensioni tra paesi che ricorda i giorni peggiori della crisi dei debiti sovrani dell'eurozona.  Come se ne esce ?

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